
La recente riforma dell’accesso ai corsi di laurea in Medicina, Odontoiatria e Veterinaria,
approvata definitivamente dalla Camera dei Deputati l’11 marzo 2025, segna un
cambiamento significativo nel sistema di selezione per queste facoltà.
L’obiettivo principale della riforma, secondo Anna Maria Bernini, Ministra dell’università e
della ricerca, è valorizzare le vocazioni e il merito degli studenti, eliminando l’elemento
aleatorio associato ai tradizionali test d’ingresso. "Questo Governo ha dimostrato determinazione e visione nel portare avanti una riforma attesa da anni, che altre forze politiche hanno solo annunciato. Abbiamo scelto di agire con coraggio, affrontando un cambiamento necessario per garantire un accesso alla facoltà di Medicina più equo, meritocratico e basato sulle vocazioni. Il tempo di questa riforma è arrivato, il tempo è adesso." - Ha scritto la ministra su Il Messaggero.

Ma in cosa consiste questa riforma?
Ogni studente potrà immatricolarsi al primo semestre, il quale fungerà da periodo di
orientamento. Durante questa fase, gli studenti seguiranno programmi uniformi con materie specifiche comuni a livello nazionale, garantendo una preparazione omogenea e criteri di valutazione standardizzati.
A seguito dei sei mesi sarà effettuata una selezione basata sui risultati accademici ottenuti
dagli studenti. Solo coloro che avranno raggiunto determinati standard potranno
proseguire gli studi nel secondo semestre e negli anni successivi.
Un dettaglio molto importante è che questa selezione non è anonima, per questo motivo
potrebbe favorire un sistema totalmente antimeritocratico, agevolando chi ha conoscenze
o agganci giusti nel mondo accademico e penalizzando i “figli di nessuno” e gli studenti più
meritevoli.
Grave conseguenza della riforma potrebbe essere una sovrapproduzione di medici nel
lungo periodo, e ciò comporterebbe un disagio per gli studenti poiché si alzano le possibilità
di ottenere un lavoro precario. Ad aggravare la situazione c’è la possibilità che vi sia una differenza notevole tra il numero dei laureati e i posti nelle scuole di specializzazione.
Senza un piano ben strutturato per garantire formazione di qualità e reali opportunità di
impiego, questa riforma rischia di aggravare i problemi già esistenti anziché risolverli.