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Non chiamatela festa: 8 marzo

129 operaie tessili, l’8 marzo 1908 morirono in un incendio mentre scioperavano per avere condizioni di lavoro migliori. Due anni dopo Clara Zetkin (politica tedesca e combattente per i diritti delle donne) propose l’idea, durante la Seconda Conferenza Internazionale delle Donne, di una giornata internazionale delle donne.



L’8 marzo, quindi non è mai stato un giorno di festa, è la memoria dell’inizio di lotte per i diritti delle donne, una battaglia di cui vittoria è lontana.

Questo giorno sembra essere diventato solo l’ennesima celebrazione consumistica, una festa come le altre.

Le donne durante questa giornata ricevono mimose e regali, ricevono auguri.                       

Il resto dell’anno, sono le prime ad essere oggetto della disuguaglianza salariale: il 20,2% delle donne in Italia guadagna in meno rispetto agli uomini. Inoltre, una donna su tre ha subito violenza fisica o sessuale nella sua vita.

Per questo, vi è stato approvato un disegno di legge che introduce importanti novità per il contrasto alla violenza di genere, tra cui il riconoscimento del femminicidio come reato autonomo rispetto all’omicidio.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato la norma e l’ha inserita in un pacchetto di misure destinate a tutelare le donne e le vittime di violenze.

Il disegno di legge prevede l’ergastolo per chi uccide una donna per motivi legali all’odio o alla discriminazione di genere, o per punire l’esercizio delle proprie libertà, come la volontà di separarsi, di interrompere una relazione, ecc.

Quando queste circostanze saranno assenti, verrà applicato l’articolo 575 del codice penale, che prevede una pena non inferiore a 21 anni. L’ergastolo in precedenza era applicato solo in caso un’aggravante, invece ora è il femminicidio ad essere l’aggravante.


L’8 marzo non è un giorno di festa. È il grido di tutte le donne che hanno pagato il prezzo di una società che ci ha voluto silenziose, invisibili, sfruttate. E’ la resistenza delle donne che non si accontentato dell’augurio, che resistono ogni giorno ad una società patriarcale che controlla le nostre menti, il nostro corpo, il nostro lavoro.

Siamo fiere di essere figlie di chi ha lottato per un mondo migliore, ma adesso è arrivato il momento di essere le madri di una nuova rivoluzione.

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